Il lavoratore che si contagia sui luoghi di lavoro ha diritto alla tutela infortunistica anche se rifiuta di vaccinarsi. La copertura assicurativa INAIL ha infatti lo scopo di proteggere il lavoratore da ogni infortunio sul lavoro, anche da quelli derivanti da colpa e di garantirgli i mezzi adeguati allo stato di bisogno.
È questa la conclusione contenuta in una nota dell’INAIL , datata 1° marzo 2021, inviata alla direzione regionale della Liguria, che aveva richiesto chiarimenti in merito alla mancata adesione, da parte di alcuni operatori sanitari del Policlinico San Martino di Genova, alla vaccinazione anti- Covid-19.
Sotto il profilo assicurativo, il comportamento illecito del lavoratore, tra cui rientra anche la violazione dell’obbligo di utilizzare i dispositivi di protezione individuale, non comporta di per sé, l’esclusione dell’operatività della tutela prevista dall’assicurazione gestita dall’Inail
Non appare nemmeno ipotizzabile nel caso del rifiuto di vaccinarsi, l’applicazione del concetto di “rischio elettivo”, elaborato dalla giurisprudenza per delimitare sul piano oggettivo l’occasione di lavoro e, dunque, il concetto di rischio assicurato o di attività protetta.
Secondo la giurisprudenza consolidata, l’infortunio derivante da rischio elettivo è quello che è conseguenza di un rischio collegato ad un comportamento volontario, volto a soddisfare esigenze meramente personali e, comunque, indipendente dall’attività lavorativa, cioè di un rischio generato da un’attività che non abbia rapporto con lo svolgimento dell’attività lavorativa o che esorbiti in modo irrazionale dai limiti di essa (3 Cassazione, sez. lavoro, n. 11417 del 18.5.2009).
In sintesi il rischio elettivo ricorre quando per libera scelta il lavoratore si ponga in una situazione di fatto che l’ha indotto ad affrontare un rischio diverso da quello inerente l’attività lavorativa.
In materia di trattamenti sanitari opera, tra l’altro, la riserva assoluta di legge di cui all’articolo 32 della Costituzione, secondo cui “nessuno può essere obbligato a un determinato trattamento sanitario se non per disposizione di legge. La legge non può in nessun caso violare i limiti imposti dal rispetto della persona umana”.
Per quanto sopra, il rifiuto di vaccinarsi, configurandosi come esercizio della libertà di scelta del singolo individuo rispetto ad un trattamento sanitario, ancorchè fortemente raccomandato dalle autorità, non può costituire una ulteriore condizione a cui subordinare la tutela assicurativa dell’infortunato.
Resta inteso, infine, che quanto chiarito non comporta l’automatica ammissione a tutela del lavoratore che abbia contratto il contagio e non si sia sottoposto alla profilassi vaccinale in quanto, come precisato nella circolare n. 13/2020, occorre comunque accertare concretamente la riconduzione dell’evento infortunistico all’ occasione di lavoro.